La penna è uno strumento con cui tutti noi entriamo quotidianamente in contatto. Ma è ovvio che essa, per essere quello che è oggi, abbia attraversato un’evoluzione lunga migliaia di anni.

Fin dall’antichità l’uomo ha utilizzato per scrivere strumenti appuntiti, ideali per stendere l’inchiostro su papiri e pergamene. Gli antichi Egizi, ad esempio, adoperavano steli di pianta per scrivere sui papiri, come fossero pennelli; Greci e Romani incidevano invece tavolette ricoperte di cera con degli stili di metallo; fu molto probabilmente tra il 400 e il 600 d.C. che divennero di uso comune le penne di uccello, specialmente quelle d’oca, dotate di punte abbastanza aguzze da lasciare tratti sottili sulla carta, quindi perfette per scrivere a mano. Il successo di questa trovata è testimoniato, tra l’altro, dal fatto che ancora oggi si usi il termine “penna” per designare gli strumenti utilizzati per mettere qualcosa nero su bianco.

La penna d’oca, la cui estremità, per mantenere la forma appuntita adatta al suo uso, doveva essere temperata con frequenza, raccoglieva l’inchiostro da una boccetta, meglio conosciuta come calamaio. A mandarla in pensione furono, nell’Ottocento, i pennini in metallo, pian piano sostituiti, a loro volta, dalle penne stilografiche.

Fu poi László Biró, un giornalista ungherese, a inventare nel 1938 la penna così come la conosciamo noi, utilizzando lo stesso tipo di inchiostro utilizzato per stampare i quotidiani, molto più denso di quello delle stilografiche e molto veloce nell’asciugare. Per servirsene, inserì all’estremità della sua penna (detta per tal motivo a sfera o, per l’appunto, Biro) una piccola sfera libera di ruotare. Questa, scorrendo, raccoglieva inchiostro dalla cartuccia posta all’interno della penna e lo spargeva sul foglio. Oggi, anche per la sua praticità e i costi contenuti, la penna a sfera è diventato lo strumento di scrittura più diffuso al mondo.